Elettrosmog: il dibattito inquinato

Elettrosmog: il dibattito inquinato

La tecnologia 5G e in generale l’elelettrosmog (inquinamento elettromagnetico) sono argomenti che necessiterebbero di un dibattito pubblico corretto e trasparente. Purtroppo i grossi interessi economici in gioco puntano a ridurre il dibattito a tifo fra due opposte fazioni: “scienza” contro “allarmisti”. Il risultato è l’assenza di informazioni chiare, su cui basare un’opinione fondata e non ideologica. Proviamo allora a fare chiarezza.

Le onde elettromagnetiche

In fisica la radiazione elettromagnetica è definita come “la propagazione nello spazio dell’energia del campo elettromagnetico”. Chiaro? Non per molti. Cerchiamo quindi di trovare una definizione accessibile anche a chi è digiuno di fisica.

La materia (l’aria, l’acqua, gli oggetti, il nostro corpo, etc.) è composta da particelle cariche di energia, in vibrazione attorno a una certa posizione. Quando entrano “in contatto” con altre particelle, avviene una interazione in cui parte dell’energia di una particella viene trasmessa all’altra, che a sua volta la trasmette ad altre particelle vicine.

La radiazione elettromagnetica è il passaggio di energia di particella in particella. Attenzione: non sono le particelle a “viaggiare” nello spazio. Queste continuano a oscillare attorno alla loro posizione centrale, quel tanto che basta per interagire con le particelle vicine e trasmettere il loro carico di energia. È l’energia invece che, passando di particella in particella, si muove nello spazio.

Si parla anche di “onda” elettromagnetica, perché il passaggio dell’energia nello spazio avviene con la forma di un’onda.

Le grandezze caratteristiche delle onde elettromagnetiche

Un’onda elettromagnetica è caratterizzata da tre parametri fondamentali: ampiezza (o intensità), lunghezza d’onda e frequenza.

L’ampiezza indica quanto “freneticamente” le particelle vibrano: più l’energia della particella è grande, più la vibrazione è forte, più è grande l’energia trasmessa alle particelle vicine. L’ampiezza si misura in W/m2 (Watt su metro quadrato), cioè una potenza per unità di superficie (un flusso di potenza).

La lunghezza d’onda è la distanza tra due picchi di ampiezza dell’onda, e si misura in metri.

La frequenza è il numero di picchi di ampiezza nell’unità di tempo, si misura in Hz (Hertz) ed esprime la velocità con cui varia l’ampiezza dell’onda. La lunghezza d’onda e la frequenza sono fra loro inversamente proporzionali: lunghezza d’onda piccola significa alta frequenza e viceversa.

L’energia trasportata da un’onda elettromagnetica dipende sia dall’ampiezza (il picco) che dalla frequenza (quanto frequentemente tocca il picco).

Come si intuisce dal nome, la radiazione elettromagnetica è costituita da due diverse “onde” che viaggiano insieme su due diversi piani: quella elettrica e quella magnetica. Hanno la stessa frequenza e lunghezza d’onda, mentre fra le ampiezze c’è un legame di proporzionalità. L’effetto nella zona in cui si propaga è quindi sia di tipo elettrico che magnetico.

Le trasmissioni radio

A partire dalla fine del secolo scorso, le onde elettromagnetiche vengono sfruttate per trasmettere informazioni. Esistono tecniche diverse per farlo: si può modificare l’ampiezza dell’onda in modo proporzionale al segnale che si vuole trasmettere, mantenendo costante la frequenza (modulazione di ampiezza, trasmissioni radio AM). Oppure si può mantenere costante l’ampiezza, facendo variare la frequenza proporzionalmente al segnale (modulazione di frequenza, trasmissioni radio FM).

In tempi più recenti si sono introdotte anche le tecniche di modulazione digitale. In sostanza, si “accende” e “spegne” l’onda, ottenendo così una sequenza di 1 e 0, il cui significato dipende dal sistema di codifica utilizzato.

Ciò che è importante sapere delle attuali tecniche di radiotelecomunicazione digitale (ad esempio la telefonia cellulare) è che la velocità e la qualità della trasmissione dipendono da tre fattori:

  • Il tipo di codifica – ogni codice comprende un insieme di simboli; più sono i simboli, più veloce è la trasmissione, ma diminuisce la qualità del segnale, a parità di potenza;
  • La potenza di trasmissione – con maggiore potenza si può aumentare la velocità della trasmissione, a parità di qualità del segnale;
  • L’affidabilità del canale di trasmissione – a parità di potenza e qualità del segnale, meno disturbi o perdite ha il canale, maggiore può essere la velocità della trasmissione (la cosiddetta banda).

I moderni sistemi di trasmissione sono “adattivi”, vale a dire che cambiano il tipo di codifica e la potenza di trasmissione a seconda di quanto traffico c’è sulla rete e di quanto è disturbato il canale. Ne consegue che la potenza di trasmissione irradiata è maggiore in queste condizioni:

  • Di giorno rispetto alla notte, perchè il traffico sulla rete è maggiore;
  • Dove il segnale è disturbato o impedito (ad esempio per il maltempo, nei luoghi chiusi, in vicinanza di oggetti metallici e/o magnetici, etc.);
  • Nelle zone ad alta densità di utenti.

La classificazione delle onde elettromagnetiche

La luce solare, il calore irraggiato dai corpi, le onde radio e i raggi X sono tutte radiazioni elettromagnetiche, ma i loro effetti macroscopici sono molto diversi. Ad esempio, la luce solare è visibile ai nostri occhi e un’esposizione moderata causa pochi danni al nostro corpo. I raggi X sono invece invisibili a occhio nudo e anche un’esposizione moderata causa danni fino alla morte.

 

Nella figura è rappresentata la classificazione delle onde elettromagnetiche in funzione della frequenza.

L’interazione tra le onde elettromagnetiche e la materia

La lunghezza d’onda determina le proprietà di un’onda elettromagnetica, vale a dire quali effetti riesce a produrre nella materia in cui si propaga:

  • Le microonde riescono a invertire il senso di rotazione delle molecole;
  • Gli infrarossi aumentano la vibrazione delle molecole;
  • Gli ultravioletti riescono a eccitare gli elettroni più esterni degli atomi; quelle a frequenza più alta possono riuscire a “strappare” permanentemente elettroni agli atomi, hanno cioè un effetto ionizzante;
  • I raggi X riescono a eccitare anche gli elettroni più interni e hanno sempre un effetto ionizzante.

Anche la trasmissione negli strati dell’atmosfera è diversa a seconda della lunghezza d’onda. Ad esempio, a parità di potenza, le onde a bassa frequenza si trasmettono per centinaia di km, mentre quelle a media frequenza arrivano solo a qualche decina di km.

Le fonti di elettrosmog

Ogni circuito percorso da corrente elettrica genera un campo elettromagnetico. Vi sono poi sorgenti in cui la radiazione elettromagnetica viene prodotta per “rottura” dei legami atomici e subatomici, con conseguente liberazione dell’energia contenuta nella materia. Alcuni esempi:

  • Sorgenti naturali come il sole, il magnetismo terrestre, i fulmini, etc.;
  • Elettrodotti (aerei o interrati);
  • Impianti elettrici domestici o industriali;
  • Apparecchi di illuminazione, televisori, elettrodomestici, computer, etc.;
  • Telefoni, walkie-talkie, radiotrasmettitori, antenne e altri sistemi per telecomunicazioni;
  • Laser, maser e altri sistemi per diagnostica medica;
  • Radar, HAARP, armi nucleari, armi a energia diretta (DEW), armi a impulso elettromagnetico (EMP);
  • Altre applicazioni militari segrete?

La radiazione elettromagnetica prodotta è diversa per intensità, frequenza e distanza di propagazione. I contributi di tutte le diverse sorgenti di radiazioni che incidono su una certa zona si sovrappongono, creando un “campo elettromagnetico” risultante. Per misurarlo si parla di:

  • Campo elettrico, misurato in V/m (Volt su metro);
  • Campo magnetico, misurato in T (Tesla).

Le Norme impongono di limitare “quanto più possibile” le emissioni elettromagnetiche delle apparecchiature. Ovviamente, nei dispositivi come il forno a microonde o il cellulare, la radiazione elettromagnetica è indispensabile per ottenere la funzionalità desiderata, ma deve essere ridotta al minimo necessario e “direzionata” in modo da non causare disturbi.

Cos’è il 5G e perché se ne parla tanto?

Col termine 5G si indica la quinta generazione delle tecnologie di telefonia mobile. Grazie all’utilizzo di microonde a frequenze più alte (dai 700 Mhz ai 39 GHz) e alcune innovazioni nelle tecniche di trasmissione e gestione della rete, il 5G permette di:

  • Ridurre i tempi di latenza (cioè l’intervallo di tempo tra richiesta e ricezione del dato) dagli attuali 40-50 millisecondi del 4G a 5-10 millisecondi;
  • Aumentare la velocità di trasmissione dagli attuali 150 Mbps del 4G a 2000 Mbps.

Il 5G rende quindi possibile la connessione in rete di un grande numero di dispositivi (IoT, Internet of Things) come sensori, telecamere, auto e apparecchiature di qualsiasi genere. Queste apparecchiature possono interagire con le persone da remoto, oppure con altre apparecchiature (machine to machine). Il basso tempo di latenza consente applicazioni critiche come la telechirurgia, il trading ad altra frequenza, i veicoli autonomi, etc.

Il 5G ha importanti applicazioni anche in ambito militare e di intelligence: monitoraggio delle truppe tramite sensori IoT, addestramento tramite realtà aumentata, teleguida di missili ipersonici o droni, spionaggio e raccolta informazioni, etc.

Come visto sopra, le onde ad alta frequenza hanno distanze di trasmissione ridotte, pertanto il 5G necessita di installare un grande numero di antenne, le cui emissioni si aggiungono all’elettrosmog esistente. Inoltre, le alte frequenze sono particolarmente disturbate dal fogliame degli alberi, che ne ostacola la trasmissione, da cui la necessità degli abbattimenti e della deleteria pratica della capitozzatura.

Gli interessi dietro al 5G

Il mercato globale delle apparecchiature e servizi 5G è in forte espansione, stimato attorno ai 120 miliardi di dollari nel 2024, destinato a crescere a un tasso annuo composto del 30% fino al 2030.

Di enorme rilevanza è la mole di dati che questo sistema permette di acquisire e gestire. I dati costituiscono l’oro della nostra epoca, consentendo non solo di studiare e profilare utenti e consumatori, ma di condizionarne le scelte, tramite tecniche di marketing mirate.

Ancora più inquietante è l’aspetto relativo all’elevato livello di automazione consentito dal controllo in tempo reale dei dispositivi. Associato a sistema di credito sociale, identità digitale, intelligenza artificiale e valute digitali (CBDC) garantirebbe a chi governa il controllo totale sulla popolazione.

A fronte di questi grossi interessi economici e socio-politici, il rischio che la tutela della salute dei cittadini e dell’ecosistema venga messa in secondo piano è alto. Basti ricordare che durante i lockdown per il Covid-19 i cantieri edili erano fermi e non si poteva uscire di casa se non per servizi essenziali, eppure si tagliavano gli alberi e si installavano le antenne 5G.

A voler pensar male, anche la prospettiva di una popolazione sempre più malata e indebolita potrebbe costituire tutt’altro che un deterrente. I poteri finanziari dietro all’industria tecnologica e militare sono gli stessi dell’industria farmaceutica, che da tempo fa proclami e profitti sulla cura del cancro e altre gravi patologie. Le stesse probabilmente indotte dall’inquinamento ambientale, di cui l’elettrosmog è una  componente non trascurabile.

Gli effetti dell’elettrosmog sugli esseri viventi

Molte radiazioni elettromagnetiche sono subdole, perché non sono visibili nè percepibili in altro modo (al contrario della luce solare o del calore irraggiato dal fuoco). Dai primi del 1900, con la diffusione delle apparecchiature elettriche e le telecomunicazioni, il livello di radiazioni elettromagnetiche a cui siamo esposti è aumentato fino a diventare milioni di volte più grande di quello naturale.

Gli effetti prodotti dipendono da quanta energia si riceve e per quanto tempo, quindi da ampiezza e frequenza della radiazione a cui si è esposti e dal tempo di esposizione.

Stando alla letteratura scientifica disponibile, si è osservato sugli esseri umani:

  • Riscaldamento dei tessuti;
  • Mutazioni nel DNA potenzialmente cancerogene;
  • Effetti epigenetici, cioè sul modo in cui si esprimono i geni;
  • Interferenza con la ghiandola pineale, il sistema nervoso centrale e quello riproduttivo;
  • Ipersensibilità elettromagnetica, legata allo stress ossidativo e conseguenti alterazioni biologiche;
  • Depressione immunitaria;
  • Disturbi del sonno.

Negli studi svolti su animali e insetti si è riscontrato inoltre:

  • Disorientamento e morte di api e uccelli;
  • Aumento dell’attività locomotoria nei ratti, pur in assenza di alterazioni strutturali nel cervello;
  • Mutazioni cancerogene nei ratti.

Gli effetti documentati sulla flora comprendono infine:

  • Disseccamento;
  • Mutazioni genetiche.

Sono molti gli studi sugli effetti delle emissioni elettromagnetiche, prevalentemente di tipo osservazionale o epidemiologico, realizzati dalle stesse aziende di telecomunicazioni o da scienziati non indipendenti. Inoltre, gli studi sulla banda più alta di microonde (da 26 Ghz in sù) sono ancora molto pochi.

L’Istituto Ramazzini ha condotto una revisione degli studi esistenti sugli impatti del 5G sulla salute (Health impact of 5G), pubblicata nel 2021 dall’Istituto di Ricerca del Parlamento Europeo (European Parliamentary Research Service).

Per le bande inferiori del 5G (700 e 3600 MHz) la revisione ha evidenziato:

  • Prove limitate di cancerogenicità negli studi epidemiologici;
  • Prove sufficienti di cancerogenicità nei biotest sperimentali;
  • Prove sufficienti di effetti avversi sulla riproduzione/sviluppo negli esseri umani;
  • Prove sufficienti di effetti avversi sulla riproduzione/sviluppo negli animali da esperimento.

Per la banda superiore del 5G (24,25-27,5 GHz) la revisione sistematica non ha trovato studi adeguati né sugli esseri umani né sugli animali da esperimento.

Le conclusioni:

  • Da 450 a 6000 MHz i campi elettromagnetici sono probabilmente cancerogeni per gli esseri umani, in particolare correlati a gliomi e neurinomi acustici; queste frequenze inoltre influiscono chiaramente sulla fertilità maschile e forse anche su quella femminile e possono avere possibili effetti negativi sullo sviluppo di embrioni, feti e neonati;
  • Da 24 a 100 GHz non sono stati condotti studi adeguati né sulla cancerogenicità né sugli effetti non termici.

Pur non essendoci unanimità e non essendo chiari i meccanismi all’origine del danno, il legame causa-effetto non si può escludere. Sono decine i casi, più e meno recenti, sui quali “la scienza” si è dovuta ricredere dopo decenni: le sigarette, l’eternit, i gas refrigeranti, le plastiche, etc. L’esperienza insegna che, a fronte di forti interessi delle lobbies, il rischio che i segnali di pericolosità vengano ignorati (o nascosti) è molto alto.

La posizione delle Istituzioni sull’elettrosmog

Nel 2001 lo IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro) ha inserito i campi magnetici in bassa frequenza in categoria 2B (possibili cancerogeni per l’uomo), stimando un raddoppio del fattore di rischio per la leucemia infantile per esposizioni a valori di campo magnetico superiori a 0,4 μT. Nel 2011 ha inserito anche i campi elettromagnetici in alta frequenza in categoria 2B (senza definire una soglia di rischio).

L’OMS aveva prescritto allo IARC di effettuare una rivalutazione degli studi nel 2019, ma è stata posticipata al 2029. L’OMS perciò ha commissionato uno studio (formalmente indipendente, ma i ricercatori coinvolti sono in conflitto di interesse): sono stati selezionati 63 tra le migliaia di studi esistenti, sulla base dei quali lo studio conclude per l’innocuità.

Sul sito web del MASE (Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica), si legge però:

In risposta alla necessità, oramai da tempo avvertita sia a livello nazionale ma ancor più a livello locale, di un censimento delle sorgenti inquinanti e sulla base anche di quanto previsto dal nuovo scenario normativo (legge quadro n. 36/2001), è in corso la costituzione di specifici catasti (nazionale e regionali) delle sorgenti di campo elettromagnetico come supporto per le attività di controllo, di informazione della cittadinanza e, soprattutto, per l’attività di pianificazione.

È evidente quindi che l’elettrosmog sia riconosciuto come un potenziale rischio, da limitare, studiare e monitorare. Inoltre, in diversi casi, la Giustizia ha ritenuto gli studi epidemiologici e osservazionali sufficienti per stabilire un’associazione fra le emissioni e il danno, con conseguenti responsabilità.

Nel 2011, si è conclusa la lunga vicenda giudiziaria relativa alle antenne di Radio Vaticana, con la conferma di “una associazione coerente, importante e significativa di rischio di morte per leucemia o di rischio di ammalarsi di leucemia, linfoma e mieloma per lunga esposizione residenziale ai ripetitori dell’emittente della Santa Sede fino a 12 chilometri di distanza da questa”.

Il 14 gennaio 2020 la Corte d’appello di Torino ha confermato la precedente sentenza del Tribunale di Ivrea del 2017, stabilendo che l’uso intensivo del telefono cellulare possa causare tumori. Ha imposto infatti all’INPS il risarcimento per malattia professionale di un dipendente Telecom affetto da neurinoma del nervo acustico.

Le leggi in materia di elettrosmog

Fino al 2012 il principio di precauzione ha, improntato l’azione del Legislatore italiano. Il limite di esposizione (in qualsiasi ambiente) era fissato a 6 V/m, misurato come media su 6 minuti consecutivi.

La Legge n. 221/2012 ha lasciato il limite a 6 V/m, ma ha portato a un subdolo aumento dell’esposizione, poiché la misura è il valore medio sulle 24 ore. In questo modo, i valori di emissione diurni possono essere anche molto maggiori del limite, perché fanno media con i valori notturni, che sono più bassi.

Con la Legge n. 214/2023 si è introdotto un obiettivo di qualità (limite applicabile nelle aree con presenza permanente di persone) pari a 15 V/m e il limite di esposizione è stato portato a 20-40 V/m (a seconda della frequenza). Ogni accenno alla “tutela della salute dei cittadini” è stato eliminato e l’attuale norme è totalmente orientata allo sviluppo dei sistemi di telecomunicazioni, tralasciando il principio di precauzione per gli esseri viventi e l’ambiente.

Come proteggersi dall’elettrosmog?

Abbiamo visto come le emissioni ad alta frequenza siano le più pericolose, ma l’effetto diminuisca aumentando la distanza dalla sorgente. Ad esempio, un cellulare su rete 2G, con una potenza tipica di 1 W, crea un campo elettrico di circa di 60 V/m a 10 cm, che si riduce a 6 V/m a un metro di distanza. Un cellulare moderno su rete 4G ha emissioni inferiori e genera un campo tra 1 e 5 V/m a 10 cm.

Per ridurre l’esposizione dovuta ai dispositivi che utilizziamo, possiamo adottare queste accortezze:

  • Tenere i telefoni cellulari lontani dal luogo in cui si dorme e in particolare dalla testa;
  • Non tenere il cellulare in tasca, vicino al cuore o ai genitali;
  • Schermare con appropriati materiali il letto, in particolare quello dei bambini;
  • Non tenere i babyphone vicino al letto dei bambini;
  • Non sostare vicino al forno a microonde durante l’uso;
  • Usare gli auricolari quando si parla al cellulare;
  • Spegnere i router WiFi durante le ore notturne;
  • Disabilitare ricezione WiFi, GPS e Bluetooth sui cellulari durante le ore notturne;
  • Installare i router e altri dispositivi wireless nelle zone della casa meno abitate, come corridoi e ingressi;
  • Camminare scalzi sul pavimento e sul terreno (per scaricare a terra le correnti indotte dall’elettrosmog);
  • Evitare o abbreviare le chiamate quando si è in movimento (auto, treno, etc.) o in ambienti in cui la ricezione è difficoltosa;
  • Preferire cellulari di ultima generazione, solitamente più efficienti e quindi fonte di minori emissioni;
  • Utilizzare per i PC la connessione in cavo anziché quella WiFi.

Per ridurre l’elettrosmog ambientale dovuto alle reti di telecomunicazione è importante che le comunità facciano pressione sui sindaci (ai quali la Legge affida la tutela della salute dei cittadini) affinché si oppongano ai piani di installazione delle antenne e all’aumento dei livelli di emissioni.

02/10/2024
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