Grande Distribuzione Organizzata

GDO: Grande Distribuzione Organizzata

Il settore commerciale mondiale è sempre più nelle mani di poche aziende multinazionali, capaci di muovere una grande quantità di merci e capitali attraverso le GDO (Grande Distribuzione Organizzata).

Si tratta di aziende ramificate in tutto il mondo che possono dominare il mercato grazie alle loro dimensioni eccezionali: possono stipulare contratti vantaggiosi con i fornitori e possono offrire prodotti economici ai consumatori. Sono catene o consorzi che occupano quasi tutta la filiera commerciale di un settore, dalla produzione, allo stoccaggio, alla distribuzione globale e alla vendita al dettaglio. Queste imprese operano nei più disparati settori e sono capaci di dettare regole e prezzi del mercato stesso.

La GDO si conclude nella vendita al dettaglio, direttamente al consumatore. Questa vendita finale, è quasi sempre allestita in uno spazio specifico con ampie dimensioni. Inoltre, tutte gli spazi di vendita finali presentano il marchio dell’azienda e si assomigliano nell’aspetto. Le aziende della GDO creano numerosi consorzi per controllare e gestire al meglio tutte le fasi della filiera. Ecco perché il medesimo marchio può apparire su numerosi prodotti differenti. Non esiste una vera e propria fabbrica che produce quel determinato prodotto per quel determinato marchio. Esistono tantissime aziende che producono il prodotto, in seguito le aziende della GDO ne acquistano i diritti di distribuzione e commercio, apponendovi anche il loro marchio. Si tratta di una procedura molto comune, che possiamo osservare ogni giorno nel supermercati: COOP Lidl e Famila hanno i prodotti con il loro marchio.

Distinguere le aziende della GDO

Le imprese e i negozi che operano all’interno della GDO sono molteplici e sfaccettate. In tutto si identificano quattro tipologie, distinte in base alle dimensioni degli assortimenti, ampiezza dei parcheggi, posizionamento dei prezzi e altri servizi diretti al consumatore.

Supermercato: si tratta di un punto vendita al dettaglio superiore ai quattrocento metri. È caratterizzato da un ampio assortimento di merci preconfezionate, principalmente di carattere alimentare.

Ipermercato: un punto vendita al dettaglio superiore ai duemilacinquecento metri. Caratterizzato da un ampio assortimento di generi alimentari e non, sia preconfezionati che freschi, come ad esempio ai banchi gastronomia. A differenza del supermercato, l’iper mette a disposizione della clientela anche un parcheggio indipendente.

Libero servizio: piccolo punto vendita compreso tra i cento e i quattrocento metri quadrati. Anch’esso vende prodotti alimentari e non, ma ha un assortimento molto ridotto rispetto ai precedenti esempi.

Discount: punto vendita dalla superficie variabile. La caratteristica di questi negozi è l’assortimento poco variegato ma economico. Si trovano generalmente prodotti esclusivamente preconfezionati e non di marca. Un’altra caratteristica dei discount è la veloce rotazione degli stock di merci e il prezzo particolarmente conveniente rispetto ai negozi precedenti.

Come agisce la grande distribuzione organizzata?

La GDO, ovviamente, tende a monopolizzare i mercati, mettendo in crisi le PMI riducendone clienti e introiti. Inizialmente però, la GDO è nata con lo scopo di tagliare i costi relativi alla distribuzione: intermediaria tra il produttore e il consumatore. Oggi i “negozietti” di quartiere sono sempre più rari perché i grandi marchi sono molto più convenienti per il consumatore. Prezzi minori, assortimenti più ampi e variegati, merci più particolari e molto più spazio per persone e automezzi, hanno contribuito al successo di queste aziende. A prescindere da quello che possiamo pensare riguardo le multinazionali, è innegabile il vantaggio per il consumatore. Di contro è possibile obbiettare che oggi è molto più difficile sapere con certezza da dove proviene il nostro cibo. È più difficile essere certi di star acquistando merci prodotte secondo principi etici. E ne risente anche la qualità.

Chi fa parte della GDO in Italia.

Ad oggi, i maggiori e più conosciuti centri o catene della Grande Distribuzione Organizzata presenti in Italia sono:

 – Lidl (discount fondato nel 1932 in Germania, presente in Italia)

– Esselunga (attiva dal 1957)

– PAM (fondata nel 1958)

– Aldi (multinazionale tedesca attiva dal 1961, presente anche in Italia)

– Conad (attiva dal 1962)

– Coop (attiva dal 1967)

– Eurospin (fondata nel 1993)

– MD (discount fondato ad Aversa nel 1994)

– Metro (fondato nel 1972)

I primi cenni di utilizzo di termini che riprendono il concetto moderno di grande distribuzione organizzata si osservano a Parigi nel 1852, coincidendo con l’apertura da parte di Aristide Boucicaut del rinnovato Le Bon Marché e dei magazzini Louvre.

Storia dell’Esselunga

Nata il 13 aprile 1957per opera di Nelson Rockefeller, famiglia Caprotti e di alcuni soci è stata la prima catena di supermercati fondata in Italia. Il primo punto vendita fu aperto a Milano, in viale Regina Giovanna il 27 novembre1957, il locale era un’officina in disuso.

Tra gli azionisti che avviarono la società figurano Nelson Rockefeller (deteneva il 51%), Marco Brunelli (cofondatore, assieme a Guido Caprotti, anche dei Supermercati GS), Franco Bertolini, il senatore Mario Crespi con il fratello Vittorio, Laetitia Boncompagni Pecci Blunt. Nel febbraio del 1961 Bernardo Caprotti con un assegno di 4 milioni di dollari acquisto’ il 51% di Rockefeller.

Supermarkets Italiani fattura (nel 2013) circa 6,7 miliardi di euro con un utile di 180 milioni. Il valore degli immobili del gruppo (circa 150) è stimato attorno a 2 miliardi di euro.

La società è, grazie alla controllata Esselunga, la ventitreesima azienda italiana per fatturato, quarta nella grande distribuzione organizzata.

L’azienda conta oltre 23.000 dipendenti ed è stata presieduta per gran parte della propria storia da Bernando Caprotti. Dopo la morte di quest’ultimo, il 30 settembre 2016, il 70% delle quote è stato ereditato dalla seconda moglie, Giuliana Albera, e dalla figlia avuta con lei, Marina Caprotti. Giuliana Albera e Marina Caprotti hanno poi acquisito il restante 30% ereditato dai figli del primo matrimonio di Bernardo Caprotti.

Il lato oscuro della GDO

La spesa al supermercato è un’azione quasi quotidiana per gli italiani, ma difficilmente ci si ferma a chiedersi cosa muove la massa di prodotti esposti sugli scaffali, cosa si nasconde dietro i passaggi che portano la grande distribuzione organizzata a fatturare decine di miliardi di euro ogni anno. Fabio Ciconte e Stefano Liberti nel libro “Il grande carrello. Chi decide cosa mangiamo”.

 “Dai rapporti con i fornitori ai contratti con i lavoratori, dai reali costi delle offerte ai segreti del marketing della grande distribuzione” sono tanti gli argomenti trattati.  Tra i passaggi più interessanti i meccanismi di pressione che la GDO impongono ai fornitori, approfittando dei rapporti di forza asimmetrici, imponendo oboli in cambio dell’esposizione della merce, o ribassi sui prezzi, come nel caso delle aste online a doppio ribasso.

Nel capitolo dedicato alle offerte imperdibili e il 3X2, gli autori scrivono: “Districarsi nell’universo dei contratti tra GDO e fornitori non è un’impresa facile. Molti contratti prevedono infatti diverse voci «fuori fattura», contributi di vario genere che integrano i listini e corrispondono a servizi che le catene impongono di fatto ai fornitori. C’è ad esempio il cosiddetto listing fee, cioè una somma da versare per ogni prodotto che viene messo sullo scaffale. In pratica, l’accesso al supermercato è regolamentato da una tariffa, che ogni insegna chiede ai propri fornitori e che varia a seconda della posizione voluta nel punto vendita e del potere contrattuale del fornitore stesso. È una prassi comune, che tutti applicano e a cui tutti i fornitori, volenti o nolenti, si adeguano”. Solo i grandi marchi non pagano la fee, perché sarebbe il supermercato a perderci se non avesse i loro prodotti tra gli scaffali.

Gli altri oboli che la GDO impone ai fornitori

Ciconte e Liberti aggiungono: “Oltre al listing fee, ci sono poi una serie di altri oboli fissi od occasionali che devono essere versati alla GDO: c’è ad esempio il contributo una tantum per l’apertura di un nuovo punto vendita. In questo caso il ragionamento è semplice: se un gruppo inaugura un negozio chiede ai fornitori di accollarsi parte del suo rischio di impresa. Chiede loro, in pratica, di comportarsi come soci, salvo poi non condividere i dividendi. Ci sono poi gli «sconti di fine anno», spesso imposti retroattivamente dopo la firma del contratto. O altri sconti che le catene decidono di far scattare e impongono a posteriori ai fornitori. Il tanto sbandierato «sottocosto» non è in capo al supermercato ma agli altri anelli, più deboli e meno visibili, della filiera”.

Perchè non prediligere le GDO?

Perchè gestite dalle grandi multinazionali da cui ricavano grossi profitti a discapito dei piccoli rivenditori locali del mady in Italy. Nelle grosse catene di distribuzione, tanti prodotti, tanta scelta, ma è la qualità dei prodotti che è discutibile, con l’arrivo di prodotti da altri paesi stranieri, concorrenti come prezzo ma dove i metodi di produzione e conservazione spesso non sono attinenti alle regole e alle certificazioni.

Ci hanno abituati a pensare che per nutrirci, abbiamo bisogno di molte cose, ma non è così.

Se si osservano i carrelli alle casse, sono ridondanti di prodotti non di vera necessità: prodotti industriali, cibi già pronti e cucinati, senza dare spazio alla propria fantasia di cucinarceli in autonomia.

Imballaggi e scatolame prodotti con sostanze che facilmente si trovano nei cibi e col tempo non fanno bene alla salute. Sono aggiunti nei cibi: zucchero, additivi, insaporitori, adulcoranti, coloranti. Lo zucchero da dipendenza.

Dovremmo essere accorti nel leggere attentamente le etichette di cosa contengono gli alimenti e di conoscere i marchi che ci sono apposti.

Non da sottovalutare la produzione di carne da allevamenti intensivi, dove gli animali sono allevati in modo non etico, ingrassati in modo abnorme e sottoposti a trattamenti con antibiotici e altre sostanze chimiche. Nella produzione di grano intensivo, diserbanti e OGM. Il grano italiano è mischiato con altro grano di altri paesi ed è tutto OGM. Tutto per elevare le quantità per le grosse distribuzioni. Hanno creato i prodotti “bio”, una chimera anche questi prodotti.

Ci hanno inculcato che “non abbiamo tempo” per lo stile di vita che dobbiamo adottare per essere nel “sistema” e alimentarsi deve essere l’ultimo dei nostri pensieri e quindi necessario averlo subito e già pronto. Le città brulicano di piccoli punti vendita, di panini, pizza che appagano l’occhio e incentivano a non prepararsi il pasto in casa.

Il supermercato offre una vasta scelta, ma è una scelta che viene come imposta, senza dare ascolto a noi stessi e alle nostre reali esigenze. Si trovano da tanto tempo verdure e ortaggi fuori stagione, provenienti anche da paesi esotici, ma non hanno la stessa qalità dei prodotti di stagione. Perchè l’usanza dell’esotico. Nel nostro paese, al sud, si coltiva frutta di qualità superiore.

Più i supermercati sono grandi e più si è soggetti a distrazione e all’acquisto anche di prodotti che non servono e che non erano nella lista della spesa, solo perchè in offerta. Siamo veramente sicuri di risparmiare?

Ci hanno imposto che si deve lavorare tanto per consumare altrettanto. Le persone con carrelli della spesa stracolmi fanno il gioco del mercato: o non sono più in grado di scegliere per se stessi o si affidano ciecamente delle pubblicità di cosa è meglio per loro.

Siamo in un mondo di persone sovrapeso e dipendenti a certe abitudini alimentari sbagliate.

Gli ipermercati stanno incentivando la spesa online per permetterci anche di non uscire e di guadagnare tempo. Stanno sostituendo i cassieri con casse automatiche, incentivando pagamenti con bancomat e carte di credito.

Non è un caso che stanno aumentando supermercati, discaunt nei quartieri, visto il progetto della città dei 15 minuti. Tutto per avere tutto vicino in zona per non farci spostare e consumare quello che vogliono gli altri e non noi.

Quale l’alternativa. Quella di cercare i produttori locali che ci sono ancora. Consumare cibi locali di stagione a km 0. Questo incentiva anche l’utilizzo del pagamento in contante. Incentiva la socializzazione, la conoscenza del territorio. In molti quartieri a cadenze settimanali i produttori locali vendono i loro prodotti. Si tratta di organizzarsi, può sembrare difficoltoso, perchè abbandonare la comodità dell’avere tutto a portata di mano non è semplice.

Prediligire i piccoli negozi che ormai per la concorrenza spietata degli ipermercati stanno sparendo

Non è un caso che in ogni stagione ci sono prodotti della terra specifici legati alle stagioni. Questo significa che anche il nostro corpo è legato alle stagioni e ha bisogno di alimentarsi dei prodotti del momento.

Altro sistema è anche sperimentare autoproduzione: piccoli orti o sui balconi di casa. Oppure scambio di prodotti da amici o persone che autoproducono per incrementare la rete di mutuo aiuto e di conoscenza, cose che si sono perse in questi anni di globalizzazione e che ci hanno reso molto soli allontanandoci dall’essere comunità.

 

Fonti:

ojeventi

wikipedia

ilsalvagente

29/08/2024
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