Inflazione

Il Controllo della Moneta da Parte dello Stato: Inflazione e Paradossi Economici

Questo articolo esplora la gestione statale della moneta e il suo impatto sull'inflazione, con un focus sul divorzio tra il Tesoro italiano e la Banca d'Italia nel 1981, e confronti storici come l'Italia fascista e casi di iperinflazione.

Come e perché avviene

Premessa

In tutti i libri di economia si cita questa frase: “se lo stato stampa moneta crea inflazione”.
Gli oligarchi apolidi si sono nei secoli arrogati la facoltà di vita e di morte sui popoli, visto che su quasi tutto il pianeta la facoltà di emettere moneta è nelle mani di una cosca che con questa prerogativa di fatto ha diritto di vita e di morte sui popoli.

Mi spiego: se uno stato ha bisogno di finanziare le sue opere pubbliche (ospedali/scuole /strade) deve chiedere denaro ai mercati. Emette titoli di stato che vengono messi all’asta proponendo un prezzo, se l’asta va deserta il prezzo aumenta fintanto che l’offerta non equilibra con la domanda.

Questo cosa vuol dire: che se il titolo offre una resa del 2% e non viene assorbito l’offerta deve salire al 2,1% e così di seguito.
Qui avviene la prima truffa, quella dello spread. Questa truffa parte dal concetto FOLLE in quanto uno stato libero potrebbe emettere credito all’infinito, unica problematica se esagera, una potenziale inflazione.

La truffa dello spread

Alcune società apparentemente non in stato di conflitto le società di rating, stabiliscono la solvibilità degli stati, indicando in punti la differenza tra il nostro buono del tesoro e quello APPARENTEMENTE super virtuoso tedesco.

Stabilito in centesimi di euro e raccontano che chi emette il certificato di credito deve comprare un’assicurazione che si chiama CREDIT DEFAULT SWAP.

Quindi se il nostro stato emette un titolo che per semplicità vale 1000 euro in base allo spread deve comprare l’assicurazione. Ipotizziamo che lo spread sia a 200 punti lo stato alla scadenza incasserà 980 euro perché il 20 li ha voluti il cartello bancario privato che è l’unico che può distribuire il titoli di stato per comprare l’assicurazione.

Uno normale “ne conosco pochi” per primo si domanderebbe quale è l’assicurazione che può garantire uno stato? Perché se chiede un premio deve avere fondi sufficienti per onorare gli assicurati Dico bene!!

Elenco brevemente i protagonisti della truffa, queste banche non offrono solo protezione CDS, ma sono anche attive nel trading di CDS e nella fornitura di liquidità:

  • JP Morgan Chase & Co.
  • Gruppo Goldman Sachs, Inc.
  • Banca d’America Merrill Lynch
  • Citigroup Inc.
  • Deutsche Bank AG
  • Barclays PLC
  • Gruppo UBS AG

Quindi le società di rating stabiliscono il premio e gli stati pagano il pizzo La cosa veramente bella è che poi le banche che rivendono i buoni del tesori realmente non li comprano in quanto tutti sanno che sono solvibili.

Poi all’assicurazione va sommato la commissione che si prende la banca per la distribuzione dei medesimi che va cira tra 0.5 e l’1%.
Prima il tesoro poteva imporre alla banca d’italia di acquistare il buon invenduto all’asta.

Poi la cosa finì con una lettera, SÌ HO DETTO LETTERA con un parlamento di venduti.
La “lettera” che segnò un cambiamento significativo nel rapporto tra il Tesoro italiano (Ministero dell’Economia e delle Finanze) e la Banca d’Italia è nota come il divorzio tra il Tesoro e la Banca d’Italia nel 1981.

Contesto Storico del Divorzio Tesoro – Banca d’Italia

Prima del 1981, la Banca d’Italia era obbligata a finanziare direttamente il deficit pubblico del governo italiano acquistando titoli di stato invenduti alle aste. Questo significava che la Banca d’Italia doveva garantire l’acquisto dei titoli di stato non sottoscritti dagli investitori privati, mantenendo di fatto i tassi di interesse artificialmente bassi e facilitando il finanziamento della spesa pubblica.

La Lettera e il Divorzio

Nel 1981, Giuliano Amato, che allora era il Direttore Generale del Tesoro, e Carlo Azeglio Ciampi, Governatore della Banca d’Italia, negoziavano il cosiddetto “divorzio” tra le due istituzioni.Sarebbe più corretto scrivere “ favorendo interessi esterni allo stato”.

L’accordo venne formalizzato tramite una comunicazione (spesso chiamata “lettera”) che sanciva la fine dell’obbligo della Banca d’Italia di acquistare i titoli di stato. Quasi una cosa ridicola. Lo stato viene esautorato dal controllo della propria moneta da due funzionari che di fatto tradiscono l’italia con un parlamento di ignari totalmente ignoranti nel salvaguardare gli interessi nazionale.

Indipendenza della Banca d’Italia

Ascoltate le cazzate che scrivono i giornali nelle mani dei parassiti per favorire lo scempio “La Banca d’Italia divenne più indipendente nella gestione della politica monetaria. Non era più obbligata a finanziare il deficit pubblico, permettendole di concentrarsi meglio sulla stabilità monetaria e sul controllo dell’inflazione.” L’inflazione grazie alla grande pensata dei traditori schizza al 18% nel 1981 poi al 16,20 nel 1982 e poi rallenta un poi nel 183 al 14,7%.

Aumento dei Tassi di Interesse

Con il divorzio, il governo italiano doveva competere nei mercati finanziari per vendere i suoi titoli, il che portò a un aumento dei tassi di interesse sui Buoni del Tesoro. Questo rifletteva il vero rischio percepito dagli investitori riguardo ai titoli di debito italiano. Per forza con i tassi alla stelle.

Crescita del Debito Pubblico

“Non avendo più il sostegno automatico della Banca d’Italia, il costo del servizio del debito aumentò significativamente, contribuendo alla crescita del debito pubblico italiano negli anni successivi.”
Il bello che i giornali quasi si vantano di questa follia Conseguenze a Lungo Termine Politica Monetaria e Inflazione.
Queste sono le scuse per giustificare il furto agli italiani “L’indipendenza della Banca d’Italia permise un maggiore controllo dell’inflazione attraverso politiche monetarie più restrittive, anche se questo venne spesso a costo di tassi di interesse più alti.” dove alla fine sono costretti ad ammettere che questo fa esplodere il debito.

Ora leggendo queste cose uno normale si domanderebbe “ perché non è il tesoro a gestire la moneta e il credito?
Ma questo è lasciato nelle mani dei privati in totale conflitto di interessi in quanto controllando BANKITALIA che dovrebbe controllare le banche si trovano sulla sedia del controllore e del controllato”.

Cosa dice il verbo sui libri di economia: Se lo stato gestisce la moneta e il credito si genera iperinflazione. Ma questo è vero?
Esistono precedenti che possono smentire questa visione? Si esistono!!!

A tale fine analizzati l’inflazione nel unico periodo storico dove lo stato opera direttamente nella gestione del credito e delle moneta cacciando le famiglie che da secoli ne controllavano l’emissione e la gestione. Finito il conflitto i veri gruppi di potere apolidi hanno prontamente rimesso quelle famiglie esautorate al loro vecchio privilegio.

Tra il 1935 e il 1941, l’Italia attraversò un periodo turbolento da una combinazione di fattori interni ed esterni, tra cui la politica economica fascista, le sanzioni internazionali dovute alla guerra d’Etiopia e l’entrata nella Seconda Guerra Mondiale. Ecco una panoramica dettagliata dell’andamento dell’inflazione in Italia durante questi anni.

Contesto Storico

1935-1936: L’Italia affronta le sanzioni economiche della Società delle Nazioni a causa dell’invasione dell’Etiopia. Queste sanzioni limitarono le importazioni.
Nell’aria si parla già di banca centrale al servizio dello stato 1937-1939: Il periodo precedente la Seconda Guerra Mondiale vide una politica di autarchia promossa dal regime fascista. Questa politica mirava a rendere l’Italia autosufficiente, riducendo la dipendenza dalle importazioni.

1940-1941: L’Italia entrò nella Seconda Guerra Mondiale nel 1940, portando a un aumento delle spese militari e a una crescente scarsità di beni di consumo. Questi fattori contribuirono a ulteriori pressioni inflazionistiche che tutto sommato si limitarono al 7%.

Dati sull’Inflazione (1935-1941)

Ecco i dati stimati sull’inflazione annua in Italia durante questo periodo:

Analisi per Anno

1935:
L’inflazione iniziò a salire a causa delle sanzioni internazionali imposte in seguito all’invasione dell’Etiopia. La carenza di beni importati e l’aumento delle spese militari spinsero i prezzi verso l’alto.
1936:
Il 1936 fu un anno di inflazione più alta rispetto al 1935, in gran parte a causa della continua pressione delle sanzioni e della risposta del regime fascista con politiche autarchiche. La svalutazione della lira, che accompagnò queste politiche, contribuì ad aumentare i prezzi. È l’anno che il tesoro sta promuovendo la nazionalizzazione.
1937:
Con il perdurare delle politiche di autarchia e un maggiore controllo statale sull’economia, l’inflazione rallentò leggermente, ma rimase al 4,5%.
1938:
Il regime continuò a imporre misure di controllo sui prezzi e a rafforzare le politiche di autosufficienza. Ciò portò a un ulteriore rallentamento dell’inflazione, ma a costo di un’economia meno efficiente.
1939:
Alla vigilia della guerra, l’inflazione mostrava segni di ripresa. L’aumento delle spese militari e la preparazione alla guerra iniziarono a mettere pressione sui prezzi.
1940:
Con l’entrata in guerra dell’Italia, le spese militari aumentano drasticamente. L’economia di guerra portò a una maggiore scarsità di beni di consumo, aumentando ulteriormente i prezzi.
1941:
L’inflazione continuò a salire mentre la guerra proseguiva. Le risorse erano sempre più destinate allo sforzo bellico, e la carenza di beni di consumo divenne più pronunciata, contribuendo a una forte inflazione.

Fonti dei Dati

I dati sull’inflazione di questo periodo possono variare leggermente a seconda delle fonti. Le stime fornite sopra sono basate su un’analisi delle tendenze generali e delle politiche economiche dell’epoca. Fonti storiche e studi economici come:

  • Banca d’Italia: Rapporti storici e analisi economiche.
  • ISTAT: Dati e analisi sul contesto economico italiano.
  • Ricerche Accademiche: Studi storici ed economici sul periodo fascista e sugli effetti delle politiche di guerra.

Tra il 1936 e il 1940, il controllo della moneta da parte dello Stato italiano sotto il regime fascista comportò una serie di interventi significativi sull’economia. Ecco alcuni dei principali benefici e conseguenze di questa politica.

Stabilizzazione della Valuta

Svalutazione del 1936: Nel 1936, l’Italia svalutò la lira del 40% rispetto all’oro.
Questo passaggio avvenne dopo che il regime fascista abbandonò il Gold Standard, il sistema che legava il valore della valuta all’oro.

Aumento delle esportazioni

La svalutazione della lira rese i beni italiani più economici sui mercati internazionali, favorendo le esportazioni e contribuendo a ridurre il deficit commerciale.
Controllo dell’inflazione: Con il controllo diretto della valuta, lo Stato riuscì a mantenere l’inflazione relativamente bassa, stabilizzando i prezzi dei beni di consumo essenziali.

Sostegno all’Industria Nazionale

Politiche Autarchiche: Il regime fascista promosse l’autarchia economica, incentivando la produzione nazionale e riducendo la dipendenza dalle importazioni. Ciò favorì settori come l’industria pesante e l’agricoltura.

Sostegno a settori strategici: Attraverso il controllo delle risorse finanziarie, lo Stato poteva dirigere investimenti in settori ritenuti cruciali per l’autosufficienza, come l’industria metallurgica e chimica.

Finanziamento delle Spese Pubbliche

Investimenti in infrastrutture: La politica monetaria permetteva allo Stato di finanziare grandi progetti di infrastrutture, come la costruzione di strade, ponti e opere pubbliche, che creano posti di lavoro e stimolavano l’economia.

Spesa militare

In vista della guerra, il controllo della moneta consentì al governo di incrementare le spese militari, modernizzare le forze armate e prepararsi per il conflitto.

Controllo del Sistema Bancario

Centralizzazione: Lo Stato fascista centralizza il controllo del sistema bancario, riducendo l’influenza delle banche private e rafforzando il potere della Banca d’Italia. Questo consolidamento permetteva una gestione più efficiente e coerente delle politiche monetarie.
Credito controllato: Il governo utilizza le banche come strumenti per dirigere il credito verso settori considerati vitali per l’economia nazionale.

Propaganda e Consolidamento del Potere

Rafforzamento del consenso: La politica economica autarchica e il controllo della moneta furono anche strumenti di propaganda. Mostravano il regime come capace di garantire stabilità e prosperità, rafforzando il consenso popolare.

Conclusione

Il controllo della moneta da parte dello Stato italiano dal 1936 al 1940 rappresenta una fase di forte interventismo economico che, se da un lato favorì la stabilizzazione della valuta e il sostegno a determinati settori produttivi.

Con la perdita della guerra i cani da riporto del cartello finiti il periodo delle AM LIRE americane i vincitori ridanno la Banca d’Italia a quelle famiglie che da secoli parassitano il popolo italiano. Se una volta ci siamo riusciti ce la possiamo fare ancora.

 

07/07/2024
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